Afganistan Mw 7.5: una corsa tra le fasi sismiche
Questa mattina un terremoto di magnitudo Mw 7.5 ha scosso la parte NE dell’Afganistan vicino al confine con il Pakistan. Il terremoto, che ha avuto origine a circa 200 km di profondità, è avvenuto a causa del regime tettonico compressivo che caratterizza la geodinamica di questa regione. Qui infatti il continente Indiano si muove verso Nord e si scontra con il continente Eurasiatico ad una velocità di circa 37 mm/anno. Lo scontro di questi due continenti ha dato vita alla formazione delle più alte e importanti catene montuose al mondo: l’Himalaya, la Karakorum, il Pamir e l’Hindu Kush, come spiegano anche i nostri colleghi di #INGVTeremoti. Il 25 Aprile avevamo registrato il terremoto avvenuto in Nepal lungo lo stesso margine di placca e lo abbiamo illustrato in questo poster.Come prima cosa mostriamo una mappa per capire dove è avvenuto il terremoto e calcoliamo la distanza che separa Pisa dall’area epicentrale: ci troviamo a 5.100 km di distanza, corrispondenti a 46 gradi distanza angolare.
Calcolando le traiettorie delle onde che si propagano dall’ipocentro del terremoto (stella gialla) e i loro tempi di arrivo alle nostre stazioni (triangolo rosso) vediamo che le prime onde a raggiungere Pisa sono le P dirette, seguite dalle pP (cioè le P riflesse dalla superficie terrestre nella vicinanza dall’epicentro) quindi le sP (le onde S che si sono convertite in P per effetto della riflessione della stessa superficie). Gli arrivi successivi sono le PcP (le P riflesse dall’interfaccia Mantello/Nucleo esterno) e le PP (onde P riflesse dalla superficie terrestre lontano dall’epicentro). Le S dirette, non mostrate in figura, viaggiando più lentamente arrivano più tardi. In figura sono riportate anche le principali discontinuità conosciute all’interno della Terra responsabili delle rifrazioni e riflessioni delle onde sismiche.
Cosa hanno registrato le nostre stazioni? Cominciamo con Slinky. Come abbiamo già evidenziato qui, questa stazione è piuttosto rumorosa ma anche in questo caso lo strumento ci ha regalato una traccia caratterizzata da un’ampiezza ben al di sopra del rumore di fondo.
La registrazione del sismometro SEP è senz’altro più interessante, sia per la migliore qualità dello strumento sia per il periodo proprio più sensibile alle frequenze sismiche di un evento così energetico ma distante come il Mw 7.5. Osservando la traccia sotto è possibile vedere che ci sono significative variazioni di ampiezza del segnale che contiene dunque numerose informazioni.
Facciamo un bell’ingrandimento dei primi minuti della registrazione del SEP e vediamo se riusciamo a riconoscere nei nostri dati gli arrivi teorici che abbiamo calcolato considerando come modello di velocità per l’interno della Terra il IASP91 (Kennet, 1991). Riportando dunque i tempi di arrivo teorici delle varie fasi sul sismogramma possiamo osservare che il nostro sismometro ha sicuramente registrato gli arrivi della P, pP, PcP e PP, mentre la fase sP invece è più difficile da individuare.
È interessante notare che la fase PCP (che abbiamo prima rappresentato in arancio), pur percorrendo una traiettoria molto lunga che la porta a rimbalzare sul nucleo esterno prima di arrivare la punto di osservazione, riesce comunque a precedere le fasi PP che rimbalzano una sola volta nella superficie della Terra (le cui varianti abbiamo rappresentato in verde chiaro, azzurro e viola). Questo si verifica, come mostrato nella figura seguente tratta dal modello IASP91, poiché la velocità delle onde P cresce molto nel mantello inferiore al di sotto della profondità di 670 km (che segna il limite tra mantello superiore e inferiore). L’onda PcP si trova a percorrere gran parte della sua traiettoria in questa zona ad alta velocità (da 11 a 13 km/s) riuscendo a sopravanzare le fasi PP che viaggiano interamente nel mantello superiore (dove la velocità varia tra 8 e 10 km/s), distaccandole di circa 20 secondi. La fase PCP vince la corsa!